Giornalista Pubblicista: come si fa a diventarlo

Giornalista Pubblicista: come si fa a diventarlo

Reinventarsi un lavoro dall’oggi al domani non è mai facile, ma se siamo giovani, con molta voglia di fare e soprattutto ci sono le premesse, è possibile accostarsi a professioni di un certo tipo anche senza avere la laurea (o un corso superiore di studi). Questo è importante proprio nel momento in cui ci accorgiamo che gli anni che abbiamo “speso” per accostarci a una professione (con studio, master o altro) non si ripagheranno, perchè quella professione, probabilmente, non “tira” più come prima. Che fare? Quale lavoro potremmo compiere, con un percorso di studi diverso sulle spalle?

Se ci piace l’attualità, scrivere e siamo interessati a cosa ci succede intorno, forse la nostra soluzione è diventare un giornalista pubblicista.

La legge in proposito (la 69/1963, art. 1, IV comma) definisce la differenza tra il profilo del “giornalista pubblicista” e quello del “giornalista professionista”; il primo profilo prevede che si svolga un’attività giornalistica non occasionale e retribuita, ma non in maniera esclusiva e continuata, come il professionista. In poche parole il giornalista pubblicista può anche esercitare altre professioni o impieghi. Non c’è un corso di studi, di laurea o master, da seguire obbligatoriamente: quello che si deve fare è condurre a termine almeno due anni di lavoro presso una redazione. Si tratterà a tutti gli effetti di un praticantato; non sarà quindi privo di retribuzione, perchè per ottenere il tesserino alla fine sarà necessario dimostrare di aver condotto un lavoro retribuito (e di aver pagato le tasse relative).

Sarà necessario, lungo il corso dei due anni, di scrivere un numero minimo di articoli (di solito 70), che però dovranno essere ben distribuito nel corso del tempo: la condizione per l’ “apprendistato”, in questo caso, è di collaborare “in maniera continuata”.

Al termine dell’apprendistato ci si deve rivolgere all’Ordine dei Giornalisti e fare quindi richiesta per l’iscrizione all’albo dei pubblicisti: esiste un apposito modulo e c’è da pagare una marca da bollo di 14,62 euro. Fatta la domanda (previa accettazione della stessa), si dovrà avviare la pratica; i documenti da presentare non sono pochi (e ogni Ordine, in ogni diversa Regione, può avere regolamenti propri), ma come minimo si deve presentare il modello della dichiarazione dei redditi per i compensi ottenuti presso il giornale dove abbiamo lavorato. Serviranno anche le copie dei nostri articoli, controfirmate dal nostro datore di lavoro, che certifichi che sono proprio usciti dalla nostra mano. I documenti vanno presentati unitamente al versamento di una somma corrispondente a 35 euro: se la pratica verrà liquidata in maniera positiva saremo iscritti all’albo dei giornalisti pubblicisti e potremo quindi intraprendere questa professione con tutti i crismi legali del caso.