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Riforma Pensioni: Il problema dei Ricongiungimenti Contributivi

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Elsa Fornero

La riforma pensionistica approntata dal governo Monti, quella che va sotto il nome di riforma Fornero, ha provocato non poche polemiche. Che sono il naturale corollario ad ogni intervento sul sistema previdenziale in un paese che non ha ammortizzatori sociali universali e che perciò scarica sull’INPS problemi che non sarebbero di sua competenza.

Polemiche che riguardano non tanto il passaggio per tutti al sistema contributivo (quello basato sull’effettivo versamento dei contributi sino a scadenza e che prevede la formazione di una pensione proporzionata alla consistenza degli stessi, tanto da essere ridotta spesso alla semplice formuletta “tanto mi dai, tanto prendi”), che dal 2012 diventa effettivo per tutti, quanto la controversa questione dei ricongiungimenti contributivi.

Cosa sono i ricongiungimenti contributivi? In pratica essi riguardano quei lavoratori che sono passati dal settore pubblico al privato oggi famosi col termine di “esodati” e che perciò hanno la necessità di unire gli spezzoni contributivi. Se prima della riforma Fornero, questa operazione avveniva senza comportare oneri, adesso bisogna invece pagare per poter avere una pensione piena. Poiché siamo in presenza di cifre spesso esorbitanti, il problema è diventato estremamente scottante. Molti lavoratori, infatti, (stiamo parlando di svariate decine di migliaia di persone) nel corso degli anni hanno lasciato il loro lavoro nel settore pubblico non senza prima aver avuto assicurazioni di prendere la pensione piena al conseguimento del quarantesimo anno di età lavorativa, con relativo versamento di contributi. Ora, però, per loro scatta una vera e propria ghigliottina: se non pagano per la ricongiunzione, avranno una pensione ridotta.

Poiché le somme dovute sono altissime, in molti si stanno facendo i relativi conti sulla convenienza di una simile operazione. Del resto, è un problema che conoscono anche molti giovani, quelli che entrano ed escono da lavori a progetto e altre forme di lavoro precario, tanto che nel passato si è discusso a lungo sul modo di assicurare loro una pensione dignitosa. Una delle opzioni discusse aveva riguardato il pagamento da parte dello Stato dei versamenti nei periodi in cui questi lavoratori non avevano impiego. Sinora non è stato fatto nulla e la conseguenza è che moltissimi giovani precari e lavoratori atipici, hanno ormai deciso di non versare contributi e di mirare direttamente alla pensione sociale. Una operazione che rischia non solo di mettere in difficoltà l’INPS, ma anche di creare un ceto di futuri pensionati che avranno grandi difficoltà a vivere una dignitosa vecchiaia.

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